Febbre emorragica trasmessa dalle zecche in Spagna: cosa è successo?

Nel 2016 abbiamo pubblicato un articolo sulla febbre emorragica di Crimea, una malattia trasmessa dalle zecche, a cui è seguito nel 2018 un altro articolo più dettagliato a seguito dell’avanzamento delle ricerche sul tema e della pubblicazione di casi specifici.

Proseguiamo ora con un aggiornamento su questo tema, visto che negli ultimi giorni la malattia ha conquistato sulla stampa nazionale alcuni titoli a dir poco eclatanti.

Per cominciare, ricordiamo che la febbre emorragica di Crimea-Congo (CCHF) è causata da un virus che può evolvere in modo grave e serio. Non è una malattia nuova ed è conosciuta da tempo in altre aree geografiche come l’Africa, il Medio Oriente e parti dell’Asia. Oggi è considerata una malattia “emergente” alle nostre latitudini.

Le zecche (ectoparassiti ematofagi) sono gli organismi di trasmissione (quando mordono se infetti) e alcune specie di animali selvatici e roditori sono considerati i serbatoi naturali del virus.

Va ricordato che la malattia si trasmette all’uomo anche per contatto diretto con le secrezioni degli animali colpiti (ad esempio durante le operazioni di macellazione o scuoiatura). Anche il contatto da persona a persona tramite contatto fluido è perfettamente possibile.

Il periodo di incubazione della malattia è variabile in quanto influenzato da diversi fattori e si ritiene che vada da tre a tredici giorni. Anche la sintomatologia è variabile, ma inizia sempre con la comparsa di febbre improvvisa, forte mal di testa, dolori articolari e muscolari, sintomi gastrointestinali, respiratori e cutanei, oltre a molti altri. Il coinvolgimento degli organi interni è comune (polmone, fegato e reni).

La novità delle ultime informazioni fornite dal Centro Nazionale di Microbiologia è che il virus è ora ritenuto molto più diffuso in Spagna di quanto inizialmente sospettato. Migliaia di campioni di zecche sono stati analizzati e hanno confermato la presenza del virus a Madrid, in Estremadura, Andalusia, Castiglia e León e Castiglia-La Mancia. E non si può escludere che sia presente anche in altre Regioni autonome.

Alcuni dati interessanti forniti da Francisco Ruíz – Fons, veterinario dell’Instituto de Investigación de Recursos Cinegéticos (IREC), indicano che, nonostante la gravità della malattia, l’80% dei soggetti infettati non è colpito in modo significativo. Tuttavia, il timore risiede nella capacità di mutazione del virus, che potrebbe cambiare in futuro. Per questo motivo, l’OMS la considera una malattia infettiva importante e la classifica come una delle malattie con il maggior potenziale pandemico al momento.

Si legge inoltre che, secondo gli studi più recenti, l’animale ospite più comune è il cervo, anche se esistono altri animali selvatici che vengono parassitati dalle zecche e sono quindi coinvolti nella catena di trasmissione (cinghiali, caprioli, capre, ecc.).

Infine, ricordiamo che, non esistendo vaccini, la strategia per combattere questa malattia deve necessariamente basarsi sulla prevenzione e che, per farlo, è necessario adottare alcune semplici misure.

Se andiamo a fare una passeggiata o un’escursione in zone in cui sono presenti questi ospiti, è consigliabile indossare un abbigliamento adeguato che copra la maggior parte del corpo, percorrere i sentieri designati e controllare spesso noi stessi e i nostri animali domestici per scoprire se qualche zecca si è attaccata al nostro corpo.

In tal caso, è necessario rimuoverla accuratamente con una pinzetta (non utilizzare prodotti chimici o altre tecniche aggressive che potrebbero lasciare una parte della zecca all’interno della pelle). Conservare la zecca potrebbe essere utile in caso di febbre, in quanto potrebbe aiutare a diagnosticare con certezza la malattia.

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